Verità per Salvatore

Verità per Salvatore

“… ma come fan presto, amore, ad appassire le rose”, cantava De Andrè. Una strofa di una stupenda canzone che parla di un amore perduto, passato, andato via, amore al quale ognuno di noi può dare un volto. E senza volerlo, quando l’ho riascoltata ho pensato al volto di Salvatore. Anche l’amore fraterno è amore. L’ho associato alla bellezza della rosa e alla dannazione di un’esistenza breve. Ma ho pensato anche alla sua personalità, al suo modo di vedere il mondo che sarebbe piaciuto sicuramente a Faber. E come tutti i personaggi delle sue canzoni, ho pensato che se i due si fossero conosciuti, uno gli avrebbe dedicato una poesia e l’altro una canzone. Un’anima, quella di Salvatore, che come molti dei protagonisti di Faber, vedeva l’inferno dove noi ci illudiamo di vedere il paradiso. Non è dato sapere quale sia la vera realtà; ognuno, alla fine, sceglie la propria. Salvatore era uno di quelle anime silenziose che, come tanti volti scolpiti nelle canzoni di Faber, contano poco agli occhi del mondo, destinati forse a non vedere mai la piena luce della giustizia; anzi, quelli che la giustizia persegue.

Il fascicolo aperto dalla Procura sulla sua morte, un atto dovuto, giace sepolto chissà in quale cassetto tra i dimenticati. Perché Salvatore oggi è un dimenticato, non certo dalla sua famiglia, che lo ricorda giornalmente e con tanto dolore, e dai suoi veri amici. E come tutti i dimenticati, nessuno si interessa più alla sua storia, o meglio alla sua morte. Come tutti i morti ha avuto i suoi bei post di commiato, finiti i quali la vita continua.

La morte di Salvatore presenta lati oscuri sin dal primo momento, elementi perfettamente raccontati in diverse lettere pubbliche ai giornali dal fratello Antonio. La tragica scomparsa di Salvatore Iaccino, storico ultrà del Cosenza Calcio, all’interno della clinica psichiatrica Villa degli Oleandri, ha acceso, per un breve momento, i riflettori sulle condizioni di vita dei pazienti in quella struttura. La versione ufficiale, fornita dai responsabili della clinica, racconta di un suicidio per impiccamento, avvenuto intorno alle 18:30 di lunedì 17 febbraio, utilizzando un lenzuolo legato alla grata della finestra. Un residente della zona avrebbe notato una sagoma penzolante, cercando inutilmente di avvisare il personale, che avrebbe rinvenuto il corpo di Salvatore solo mezz’ora più tardi, intorno alle 19:00.

Una versione, per chi conosce Salvatore, che è apparsa poco credibile sin dal primo momento, aprendo la porta a tantissimi dubbi sulla ricostruzione degli eventi. Salvatore era sottoposto a massicce dosi di psicofarmaci, una condizione che avrebbe potuto compromettere la sua capacità fisica di compiere un gesto così estremo. Chi lo conosceva bene, inoltre, stenta a credere a un suo gesto autolesivo. Salvatore era un combattente, amava la vita e lottava per essa, nonostante i suoi demoni. L’idea di un suicidio con un lenzuolo appare troppo semplice e difficile da accostare alla sua persona. La famiglia di Salvatore è da tempo che in solitudine continua a porre interrogativi pubblici, chiedendo risposte che finora nessuno ha saputo fornire.

Per comprendere appieno la vicenda di Salvatore, è indispensabile ripercorrere gli eventi che hanno preceduto la sua morte, mettendo in relazione il suo stato di salute con le condizioni di vita dei pazienti a Villa degli Oleandri. Salvatore si trovava agli arresti domiciliari nella clinica da agosto, ritenuto incompatibile con il regime carcerario. Sebbene la situazione gli andasse stretta, l’aveva accettata, sperando in una cura in un luogo che garantisse dignità umana.

Purtroppo, a Villa degli Oleandri, la dignità e la sicurezza dei pazienti sembrano essere un miraggio. Numerose testimonianze denunciano una gestione caratterizzata da abuso e violazione sistematica dei diritti umani, con trattamenti farmacologici eccessivi e sedazioni forzate. I pazienti sarebbero lasciati senza assistenza e sottoposti a trattamenti degradanti, in condizioni che ricordano gli ex ospedali psichiatrici giudiziari. La carenza di personale qualificato e di un serio supporto psicologico e sociale aggraverebbe la situazione. Il sistema adottato non punterebbe alla cura ma al mero contenimento chimico dei pazienti.

A Villa degli Oleandri, la terapia farmacologica è imposta come unica soluzione, senza alternative per la reintegrazione sociale. Questo era ciò che Salvatore non accettava: la sua esclusione forzata dalla società. Consapevole del suo malessere, voleva curarsi, ma desiderava anche un’altra possibilità, che in quella struttura non intravedeva, e a cui si ribellava. Sebbene provasse a resistere, motivato dalla consapevolezza dei suoi problemi, non sempre riusciva a domare i suoi demoni, venendo etichettato dalla direttrice sanitaria Bruna Scornaienchi come un paziente “cronico” la cui unica cura era la sedazione perpetua.

Per mesi, Salvatore, come altri pazienti, era stato sottoposto a massicce dosi di antipsicotici, la cui disponibilità in clinica non manca mai. Si vocifera di un accesso libero ai farmaci da parte di molti pazienti, il cui abuso può portare a gravi effetti collaterali, inclusi stati comatosi e, in casi estremi, la morte. Un precedente drammatico è quello di Gianmatteo Broccolo, deceduto nel gennaio 2021 in circostanze mai del tutto chiarite, con il padre che ha denunciato la struttura come un “lager” dove i pazienti sarebbero immobilizzati e sedati fino all’incapacità di reagire.

Nelle condizioni di Salvatore, sedato e con presunto libero accesso a potenti psicofarmaci, si inserisce un grave mal di stomaco che lo affliggeva nei giorni precedenti la morte. Le sue ripetute richieste di essere portato in ospedale per accertamenti vennero ignorate, provocando una giusta reazione di urla e richieste di aiuto. Una situazione che si protrasse per giorni, trovando la solita soluzione nella sedazione forzata, cui Salvatore tentò di ribellarsi. Anche il 17 febbraio, Salvatore oppose resistenza alla sedazione forzata. Nonostante i suoi tentativi, il personale riuscì a immobilizzarlo e sedarlo. Benché sedato, in un disperato tentativo di fuga, si divincolò e corse nel cortile cercando di scalare il muro, ma fu subito fermato con forza bruta dal personale. Questa circostanza è confermata dai residenti della zona, che sentirono chiaramente le urla di Salvatore intorno alle 15:30 di quel lunedì. Poi, il silenzio.

Alle 16:30, in seguito a una chiamata urgente dalla dirigenza, evidentemente allarmata dallo stato di agitazione di Salvatore, arrivò in clinica il suo avvocato. Quest’ultimo ha riferito di un colloquio di circa venti minuti in cui “Salvatore era certamente frustrato dalla detenzione, ma stava bene. Lamentava solo mal di pancia e si erano accordati per chiedere al giudice di potersi recare in ospedale per visite specialistiche”. Dopo il colloquio, Salvatore sembrò calmarsi, l’effetto del sedativo iniziò a farsi sentire. Alle sei si recò in mensa, non mangiò, e dopo una ventina di minuti si congedò dagli altri, dicendo di voler andare in stanza a fumare una sigaretta.

Cosa sia accaduto in quei tragici minuti nella sua stanza non è del tutto chiaro. Una cosa è certa: Salvatore fu trovato impiccato. Ma la scena del ritrovamento solleva interrogativi agghiaccianti. E una prima domanda diventa d’obbligo: in quel giorno, alla luce di tutti questi eventi, Salvatore aveva davvero la capacità fisica e mentale di compiere un gesto così estremo, dopo essere stato sedato e costretto all’immobilità? E poi, un dettaglio macabro si aggiunge al mistero: la profondità del solco lasciato sul collo dal lenzuolo che avrebbe retto il corpo penzolante di Salvatore per mezz’ora, è compatibile con quella riscontrata sul suo cadavere? Un corpo di oltre cento chili, appeso per così tanto tempo, dovrebbe lasciare un’impronta profonda e inequivocabile. Se l’impronta riscontrata sul collo di Salvatore fosse invece poco profonda per il suo peso e il tempo in cui si presume sia rimasto appeso, allora significherebbe che quando è stato trovato, Salvatore si era, o è stato, appeso solo pochi minuti prima del ritrovamento.

E se ciò dovesse essere accertato, ovvero che il solco non è compatibile con i tempi di tutta l’azione compiuta da Salvatore, questo significa che le cose potrebbero non essere andate come ci ha raccontato la versione ufficiale della clinica. Salvatore potrebbe aver avuto un malore causato dall’abuso forzato di farmaci, un malore che lo ha portato alla morte. E quando è stato ritrovato, per non dover dare spiegazioni sull’ennesima morte per overdose di psicofarmaci, qualcuno potrebbe aver pensato bene di nascondere tutto inscenando un suicidio. “Tanto a chi vuoi che interessi la morte di Salvatore?”, avranno pensato in clinica.

E se così è, ogni richiesta di verità e giustizia assume un valore ancora più alto. Ma la Procura di Cosenza non ha ancora effettuato alcun tipo di accertamento, o almeno non si conoscono i risultati di eventuali indagini. Il suo fascicolo, benché dimenticato da molti, è ancora aperto per la sua famiglia e i suoi veri amici, che continuano a chiedere verità e giustizia per la sua morte. Per questo, venerdi 13 alle ore 17,00 saremo davanti ai cancelli della Clinica Villa degli Oleandri. Salvatore noi non l’abbiamo mai dimenticato.

6 hours ago
Villa degli Oleandri
Contrada Pasquali 117, Mendicino (CS)
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